Per avere una visione più certa bisogna scegliere un punto di osservazione, perché si sa, tutto è relativo al punto di osservazione che, se fosse geografico, sarebbe semplice da scegliere, basterebbe osservare il tutto da monte de Prama ma così non è, e siamo costretti a osservare l’indipendentismo dal percorso storico nel quale si è presentato sulla scena l’anticolonialismo e l’indipendentismo moderno e ha portato al movimento politico organizzato che oggi si chiama Sardigna Natzione Indipendentzia.
Guarderemo gli eventi e i fatti da dentro il suo percorso e dalla sua attualità.
Non per usare datazioni di “prima” e “dopo” come fa qualche organizzazione indipendentista che, convinta di aver avuto ruoli messianici, relega l’indipendentismo ante messia, Su Populu Sardu, Fis, Città e Campagna, Partidu Sardu Indipendentista e Sardigna Natzione nella dimensione del folclore e ad Antonio Simon Mossa e Angelo Caria non riconosce neanche il ruolo di profeta.
Lasciamo da parte i messia che prima hanno fatto irruzione senza gambali e berritte nel mondo indipendentista e che poi, fulminati sulla via di Damasco, si sono alleati con i dipendentisti e usiamo il suddetto percorso storico per fare un breve bilancio dell’azione indipendentista, dall’inizio del percorso a oggi.
Ci permettiamo di constatare che i risultati sono andati ben oltre ciò che allora era nel nostro atteso.
La Sardegna era allora totalmente ingabbiata nella “Questione Meridionale”. La santa alleanza, tra borghesia comporadora, sindacati, sinistra parlamentare e gruppi extraparlamentari comunisti, si era prodigata, uniti nella lotta, per sostituire i pastori ed i contadini con la classe operaia e portare tutti verso le magnifiche sorti e progressive.
Noi militanti indipendentisti eravamo considerati alieni e guardati con sospetto perché non metabolizzabili con le loro categorie politiche, tutte italiane.
Con il meridionalismo dei partiti e dei sindacati stato era ormai sicuro che la Sardegna fosse una periferia dell’Italia e che il rapporto tra le due entità fosse di semplice discriminazione e che il solo parlare di sudditanza fosse un peccato mortale ideologico e un oggettivamente mettersi contro le “masse” operaie e contadine in viaggio verso le magnifiche sorti.
Antonio Simon Mossa era uno dei peggiori peccatori e il Comunista Pirastu lo redarguiva ad ogni occasione.
Anche la lingua sarda era tra i sette peccati capitali e atti apostolici del PCI invitavano i fedeli a tenersene lontani.
La lotta di liberazione nazionale era riconosciuta solo alla Palestina, al Vietnam, all’Irlanda del nord, timidamente ad Euskadi e molto tiepidamente alla Corsica ma solo perché forse era italiana.
Il nostro anticolonialismo con tendenza indipendentista rientrava tra i reati gravi contro l’internazionalismo delle magnifiche sorti e progressive, la rivoluzione comunista avrebbe risolto tutte ingiustizie del mondo o in alternativa le avrebbe risolte il globalismo capitalista.
Certi che le persone non hanno solo diritti individuali, sociali e di classe ma anche di essere quali sono, di vivere la loro dimensione di popolo, di altra identità nazionale, di altra storia, di altra cultura, di altra lingua di altro vivere, di avere una terra e di voler essere sovrani su di essa.
Certi che anche i sardi, come i palestinesi, avessero il loro territorio occupato da uno stato estraneo e che il colonialismo non era interno ma esterno e che il rapporto imposto dall’Italia non fosse di discriminazione ma di dominazione, abbiamo continuato la nostra azione anticolonialista e di sensibilizzazione dei sardi.
Abbiamo presentato ai sardi la verità; sull’occupazione militare, sulla rapina delle entrate fiscali e delle accise, dimostrato da una ricerca della Fondazione Agnelli (Fiocco Verde e Riformatori son venuti in argomento molto dopo), sulla mancata Zona Franca ( non quella fata turchina che è oggi), sulla storia negata, sulla lingua tagliata e sul fatto che l’industrializzazione selvaggia fosse stata un’operazione politica e non economica e che l’obiettivo fosse il fallimento e non lo sviluppo.
Un successo, un successo al di là delle aspettative. Al cambio del millennio la questione meridionale è diventata questione sarda, questione nazionale sarda. Si è capito che internazionalismo non è interstatalismo, che lo stato e la nazione sono entità diverse, che una collettività può essere nazione anche se non è stato e che la Sardegna è una di esse e che tutti i diritti connessi le sono negati.
I rivoluzionari della sinistra extraparlamentare presenti in Sardegna hanno dovuto prendere atto e tingersi di indipendentismo per restare nella trincea della rivoluzione, chi non lo ha fatto, per restare fedele al partito tricolore madre, è passato all’archeologia politica.
Grazie allo scrittore e intellettuale Zampa Marras, che ne raccolse gli scritti in un libretto con titolo “Le ragioni dell’Indipendentismo”, diventa di massa il pensiero politico di Antonio Simon Mossa e il pensarsi sardo o almeno il pensarsi prima sardo degli isolani cresce in maniera incontrollabile costringendo anche i partiti stato italiani a operazioni camaleontiche per adeguarsi al nuovo ambiente politico.
Dal seminato de Su Populu Sardu era intanto nata Sardigna Natzione, fondata da Angelo Caria, che dava una faccia moderna SimonMossiana al sardismo, virando verso l’indipendentismo conclamato e trovando un giusto rapporto tra lotta per i diritti sociali e lotta di liberazione nazionale, chiarendo che possono essere condotte insieme, ma che il legame tra esse è fluido e non statico, che la lotta di liberazione nazionale non è un sottoinsieme della lotta di classe e che tutta la natzione ha il diritto ed il dovere di entrare nella lotta.
Nacque il concetto di Casa Comune dei Sardi, alla quale si chiamavano tutti i sardi al di là degli steccati ideologici e vi si auspicava il ritorno di chi temporaneamente aveva preso altre strade e si era fatto ingoiare da altre culture politiche e da altri nazionalismi.
Rispondendo alla necessità di portare dentro la lotta di liberazione nazionale anche i settori orfani dell’extraparlamentarismo italiano, ormai in crisi, nel campo di elaborazione politica di Aguas Calientes, fine anni 90, nei pressi di Banari, con il benestare di membri dell’autonomia romana, si pongono le prime pietre per dare una struttura organizzativa a circoli locali che iniziavano ad aggiungere alla lotta di classe anche la lotta per l’indipendenza della Sardegna.
Vengono impiantate le radici del comunismo indipendentista dalle quali originano gli attuali Liberu, Caminera Noa e altri di minore importanza.
Una operazione necessaria, condivisa e sostenuta da noi del percorso indipendentista che ritenevamo la nazione sarda una nazione e normale e in quanto tale non potevano mancare le diverse espressioni politiche che sono alla base della democrazia in tutti i popoli.
In particolare non potevano mancare i valori del pensare comunista e socialista, molto attenti ai diritti sociali e delle classi deboli.
Del resto la stessa Sardigna Natzione Indipendentzia, che è una organizzazione nazionale, è un esempio di come diversi pensare politici possano lavorare insieme quando si lotta per tutto un popolo e per il suo diritto ad essere sovrano di se stesso e della sua terra.
Alle due forze presenti nel campo nazionalista sardo, Partito Sardo d’Azione e Sardigna Natzione, fondamentalmente e necessariamente interclassisti, si aggiungono i movimenti indipendentisti di classe, diversi dai primi due in quanto il legame tra lotta sociale e lotta di liberazione nazionale viene ritenuto statico e vincolante, ritenendo che nessuna indipendenza avesse senso in un rapporto di classe non mutato.
Per i rivoluzionari essere indipendentisti diventò una necessità per esistere e operare in Sardegna.
La Sardegna scopre di avere una propria cultura politica con al centro la nazione sarda, la sua cultura la sua storia, la sua lingua e principalmente la sua gente e il suo territorio e la sovranità impedita.
La gente sarda scopre di essere nazione.
Mai come oggi nella loro storia i sardi hanno avuto coscienza di essere nazione, un’unica nazione, dal capo di sopra a quello di sotto comprese isole e minoranze alloglotte.
La consapevolezza nazionale sarda di oggi non si è avuta mai, non si è avuta nel periodo dei giudicati, né in quello della rivoluzione angioiana, né nelle vicende di Amsicora e Josto e forse neanche nel periodo nuragico.
Non sono stati estromessi i partiti italiani dal governo della Sardegna e tantomeno si è arrivati all’indipendenza.
Vero! Ma il risultato è molto al di là dello sperato ed è stato raggiunto pur se fuori dal Palazzo. Le leggi elettorali strumentali e mirate hanno impedito che qualche volpe entrasse nel pollaio degli alimentati dal mangime e dai privilegi elargiti dal sistema tricolore per intermediare la sudditanza e programmare insuccessi ed elemosine.
Per entrare nel Palazzo e rendere evidente a tutti la funzione della borghesia notarile (per dirla con Merler) o della borghesia comporadora (nel linguaggio indipendentista) il passaggio successivo non poteva che essere quello di dare corpo ad un sistema politico liberatore e farlo passare dal credibile al delegabile.
Un sistema liberatore che non poteva essere che di chiamata di tutta la nazione in quanto trattasi di una dinamica esterna e non di una dinamica interna; trattasi di uno scontro tra due entità delle quali una è dominante e l’altra dominata e mentre la dominante non viene indebolita da divisioni ideologiche interne per l’entità dominata tali divisioni sono devastanti e mortali.
La forza del dominante è lo stato che in quanto tale mantiene la sua potenza indipendentemente dalle dinamiche politiche interne.
La forza del dominato è unicamente il suo popolo, l’insieme di donne e uomini che lo compongono, che se diviso da dinamiche ideologiche e di classe inconciliabili ed impeditive del necessario agire comune contro il dominante, lo scontro è impari e perdente.
Possiamo dire con certezza che l’alleato più potente e più determinante del dominatore è l’ideologia, in particolare quando pone alla base l’inconciliabilità tra classi che è giusto siano in perenne conflitto nelle dinamiche interne ma è necessario siano alleate nelle dinamiche esterne, quelle dove l’entità collettiva della quale fanno parte si vuole e si deve riscattare da uno stato di sudditanza che gli viene imposta da una entità collettiva esterna peraltro con il privilegio di essere stato.
Guardando ancora da dentro il percorso di SNI, in particolare quello degli ultimi vent’anni, si ha la prova chiara di quanto sia stata determinante l’ideologia nell’impedire la crescita attesa del movimento e in particolare il ringiovanimento dei quadri dirigenti.
La maggior parte dei giovani “allevati” dentro Sardigna Natzione, responsabilizzati nel settore giovani e anche nei vertici del movimento, sono oggi dentro la gabbia ideologica e di fatto escludono che tutta la nazione abbia il diritto e il dovere di lottare per l’indipendenza della Sardegna e ritengono che solo a chi è impegnato nella lotta di classe (per usare un termine obsoleto ma significante) sia in regola per lottare per la liberazione nazionale del popolo sardo.
Ma anche chi è uscito dichiarandosi purista (dichiarando inaccettabile una alleanza con il PSd’Az alle elezioni statali del 2001 perché per loro era un partito italiano) e non violento (targando di fatto e strumentalmente SNI di organizzazione violenta) sono oggi, loro e derivati per ulteriori frantumazioni, nella gabbia ideologica e per condivisione ideologica sono alleati con i partiti davvero italiani.
Siamo arrivati al dunque. Cosa sta succedendo nell’indipendentismo sardo?
Alle prossime elezioni nazionali sarde in tutti i Poli, i Campi o Coalizioni del sistema politico italiano ci saranno componenti indipendentiste sarde.
Trascuriamo per il momento le motivazioni che vengono addotte per giustificare queste scelte perché le magnifiche sorti e progressive delle masse locali e mondiali sono sufficienti per motivare qualsiasi scelta.
Fermiamoci sull’esame dei collanti che tengono insieme partititi dipendentisti e partiti indipendentisti nelle diverse coalizioni ammisturadas.
Nella coalizione Campo Largo e Secondo Polo è chiaro che il legante è di tipo ideologico, nascono sul modello italiano di contrasto alle destre, è di sinistra moderata il primo e di alternativa al PD il secondo.
Sono coalizioni tutte interne alla politica italiana che si configurano in Sardegna con colorature sardiste indipendentiste, ripetendo il format che nella coalizione di destra ha funzionato.
Nel format ammisturadu del centrodestra la coloratura sardista la dà principalmente il PSd’Az ma con una forte differenza, il collante non è ideologico ma solo di convenienza e di tornaconto per ottenere posti di potere, centrali clientelari, tenere vivo e attrattivo il partito.
Il PSd’Az infatti non solo si è sempre dichiarato, né di destra né di sinistra, ma la scelta interclassista l’ ha sempre praticata alleandosi indifferentemente con la destra o la sinistra italiana a seconda di quanto si otteneva nella contrattazione, solo qualche volta è successo che si sia tenuto fuori dalle coalizioni italiane o abbia fatto colazione con forze indipendentiste ( con Sardigna Natzione nelle politiche del 2001 con la lista Indipendentzia e nelle regionali del 2004 nella coalizione Sardigna Libera ).
Nessuna novità dunque negli ammisturos del Partito Sardo d’Azione che sono da considerare congeniti e nella essenza fondativa stessa del partito.
La novità che irrompe uniforme e convinta è quella degli ammisturos della sinistra indipendentista, di quei padri e figli che avevano deciso di caratterizzare di indipendentismo il loro essere socialisti o comunisti rompendo anche i rapporti con le analoghe organizzazioni italiane e dichiarandosi ad esse alternativi nell’ambito politico sardo.
Ci poniamo alcuni interrogativi.
L’indipendentismo ha perso peso nel loro sentire politico al punto che il legante ideologico prevale o addirittura l’indipendentismo non è più necessario e c’è un ritorno alla casa madre?
Difficile darsi una risposta, ma quello che è certo è che la gravitazione ideologica è in loro molto più forte di quella indipendentista, tanto forte da tentare operazioni di conversione nel rimanente ambito indipendentista non sempre trasparenti e giustificare gli ammisturos con motivazioni quasi esclusivamente ideologiche e sociali.
Sempre per cercare di capire cosa sta succedendo.
E’ la prima volta che il vertice di un partito indipendentista si dichiara non indipendentista, che segnale è, come va interpretato?
Anche nell’ambito della lotta antimperialista si ha l’impressione che il loro antimperialismo sia evidente contro quello occidentale e sugli altri imperialismi si è più tiepidi o si tace o addirittura li si sostiene e li si invoca.
Possiamo dire che comunque qualcosa era nell’aria, il tentativo di dare una caratterizzazione ideologica ad AutodetermiNatzione, gli attacchi al PSd’Az non più per la sua compromissione con i partiti italiani ma per la sua scelta di area politica lasciavano presupporre che qualcosa stava cambiando.
L’osservatore indipendentista nazionalista, che ritiene che in una proposta politica la cornice ideologica non debba nascondere i valori della tela, pur sperando di sbagliarsi, constatava un veloce prevalere delle ragioni ideologiche sulle ragioni indipendentiste.
Datata ad oggi la situazione, relativamente alle organizzazioni politiche sarde, sardiste o indipendentiste, dentro le coalizioni italiane è questa:
Nel polo di centrodestra si riconosce il PSd’Az.
Nel Campo Largo del centrosinistra si riconoscono Nazione Sarda di Maninchedda e Mureddu, Liberu, A Innantis e Fortza Paris.
Nel Secondo Polo si riconoscono Rosso Mori, IRS e Progres.
Come già detto il format è lo stesso per tutte e tre le coalizioni ed è tutto interno alla politica italiana in Sardegna che di necessità si deve configurare con colorature sarde.
Come osservatori da dentro un percorso che esclude qualsiasi ammisturu degli indipendentisti sardi con i dipendentisti italiani non resta che amaramente constatare e rimanere con significativi interrogativi.
La scelta dell’ammisturu è contingente o definitiva?
Al momento non si intravede una risposta e non ci rimane che sperare sia una scelta legata solo alla situazione politica attuale e che poi si ritorni a lavorare insieme per dare una speranza di dignità e di sovranità al nostro popolo.
Noi del percorso di osservazione faremo di tutto per essere alternativi ai partiti italiani ed agli ammisturados, valuteremo se dare nella scheda elettorale uno spazio dove i sardi possano esprimere il loro esistere e la loro ribellione o se chiamare una mobilitazione contro la legge elettorale antidemocratica che il sistema politico italiano usa in Sardegna per cancellare dalla rappresentanza politica i sardi che non si assoggettano o non si ammisturant.
E’ sicuro che ci adopereremo per ascoltare il popolo sardo, in particolare quei sardi che si riconoscono sardi o prima di tutto sardi, faremo tesoro di quello che ci diranno e adegueremo la nostra proposta politica, come sempre abbiamo fatto.
Sardigna 1 de cabudanni 2023
Sardigna Natzione Indipendentzia