di Enrico Pistis
Da quest’ultima tornata elettorale la prima cosa che si evidenzia è il forte astensionismo non più fisiologico ma da considerarlo oramai patologico. Il 48% dei Sardi, in alcuni territori ha raggiunto soglie del 53%, ha deciso di non recarsi alle urne per non esprimere la propria preferenza per il futuro presidente della regione e del consiglio regionale forse per protesta o forse perché non ritenevano di essere ben rappresentati. Nel 2009 si presentarono al voto il 67,5% degli aventi diritto e in queste ultime elezioni il 52% e addirittura in un paese di 4 mila abitanti come Teulada ha superato di poco il 17%, la scarsissima affluenza alle urne può essere dovuta a diversi fattori: dalla disaffezione verso la politica attuale, allo scoraggiamento, all’ incredulità, alla poca fiducia nel futuro, nelle liste presentate e nei candidati, nonché alla mancanza di un programma convincente. Se nel confronto inseriamo i dati delle politiche del 2013 possiamo constatare che, escludendo l’endemica astensione presente in tutte le elezioni, il 20% degli elettori ha scelto volutamente di non andare al voto magari per scetticismo, e non tutti del M5S, ma possono e devono essere consensi da portare nelle nostre fila. Tutto ciò infatti non può essere ricondotto o imputato a chi fino ad oggi non ha mai amministrato, ma questo non dispensa le forze politiche c.d. extra-parlamentari da forti responsabilità di insufficiente comunicazione, carenza di propositività e credibilità agli occhi dell’elettore. Questi aspetti e questi numeri potrebbero sembrare negativi, ma se visti in un ottica di prospettiva futura, sono elementi da trasformare positivamente in quanto, portandoci ad un autocritica costruttiva e alla promessa di un impegno maggiore, ci devono indurre nella insistente ricerca della migliore formula politica aggregante più idonea per attrarre a se i consensi di coloro che hanno deciso di non votare e che mai avrebbero votato gli attuali schieramenti maggioritari. La protesta, se così vogliamo chiamarla, sta nei confronti degli attuali governanti del CD e del CS e non nei nostri confronti in quanto possono, per ora, solo non riconoscersi o non essere convinti. Infatti il risicato numero elettorale dell’attuale consiglio regionale ci fa capire che l’apparato partitocratico che ha sempre amministrato vale poco più un terzo della popolazione sarda. Per apparato partitocratico intendo tutti coloro che vedono la politica come una professione, una falsa ideologia servilista e clientelare, all’interno del quale vi sono buone percentuali di coloro che vedono nel sistema dell’alternanza il male minore o la risoluzione dei loro problemi personali. Ma questo vale sia per l’elettorato attivo che per quello passivo, infatti i pseudo indipendentisti candidati con i partiti italiani, ai quali stiamo dando in questi giorni troppa importanza e visibilità, lo confermano con la loro presenza negli scranni del potere. Infatti in queste elezioni la politica ipocrita e speculativa ha pensato bene di portare dentro a se un parte dell’opinione indipendentista considerandola portatrice di voti e non di ideali. Non per questo il fatto che il mondo politico indipendentista non si sia presentato unito non abbia perso un occasione di dare un peso maggiore all’alternativa nell’amministrazione della Sardegna, e cioè quella di iniziare il vero e concreto percorso verso l’autodeterminazione e la sovranità dei Sardi.
ANALISI DEL VOTO
Per quanto riguarda invece l’analisi del voto, oltre all’evidente vittoria di Pigliaru nei confronti di Cappellacci, unico contrappositore di peso, si può constatare che ormai da vent’anni vige il sistema non scritto dell’alternanza politica nel potere amministrativo centrale e intermedio, rischiando che quest’ultima diventi una cultura radicata in tutto il paese, portando gli elettori all’irrimediabile conseguente protesta del non voto. Infatti quel bipolarismo perfetto che gli italioti cercano da anni lo hanno riscontrato in Sardegna “ma poridi essi ca nosu importausu scetti diffettusu?”. L’Italia in generale è formata da un popolo culturalmente eterogeneo, ma in Sardegna, “ca nanca seusu pocos locos y mal unidos”, trova invece la sua completa applicazione. Il centrosinistra vince con il 42% e 320 mila voti con undici liste coalizzate mentre nel 2009 ricevette 415 mila voti con 6 liste, ben 95 mila voti in meno, mentre il centrodestra di Cappellacci si ferma al 39,65% , 292 mila voti con sette liste in appoggio a differenza del 2009, quando vinse le elezioni, con 502 mila voti superando di due punti percentuale la soglia del 50%, anche qui possiamo riscontrare un importante calo di consensi pari a circa 220 mila voti in meno. Il restante 27% circa 132 mila voti va alle altre quattro liste di stampo indipendentista, unici veri contrappositori dello strapotere partitocratico, ricevendo un forte segnale di riconoscimento di futuro diritto di autogoverno. In generale, da questi numeri si evince che molti Sardi in questa tornata elettorale hanno creduto nel cambiamento e ancor di più credono e sperano in un alternativa politica locale per arrivare ad un governo autoctono della nostra isola-nazione. 315 mila voti in meno da ricercare e attrarre verso le nostre posizioni, investigando sui reali motivi della loro astensione. Le dinamiche pre-elettorali all’interno dei due grossi schieramenti sono state soprattutto quelle di arginare al massimo la fuga dei voti in altri lidi e della paura del non-voto, poco hanno portato le nuove sigle al loro interno pur ritrovandosi a volte con numeri importanti che hanno portato alla elezione di qualche consigliere. Badate bene, chi si candida con una lista vincente o c.d. “forte” non significa che i voti ricevuti gli appartengono per ideali o per bandiera, ma spesso sono consensi del momento che transitano in quei candidati o in quelle liste per svariati motivi. Questo pensiero viene confermato dalle candidature, soprattutto nel centrosinistra, non solo di consiglieri uscenti ma anche di presidenti, assessori e consiglieri delle province; sindaci, vicesindaci e assessori degli enti locali. Oltre al fatto che, anche se eletto, il nostro amico Gavino ha preso solo 748 voti in un collegio in cui il proprio partito, di chiara marca indipendentista, ha ricevuto 2500 voti all’interno di un totale di 5.599 pari allo 0,82% a differenza del 2009 quando furono premiati da 29.640 voti allo stesso candidato presidente e pari al 3,06% con una lista che ne prese 17.441, ben 24 mila in meno, a prescindere dai tempi sono cifre che devono far riflettere.
Al contrario il partito dei sardi, già il nome non lascia trapelare nessun segno identificativo indipendentista, e che diventerà sempre più italianista soprattutto quando inizierà a gustare il sapore del potere, dei suoi privilegi, dei suoi vantaggi e delle sue virtù. Il suo segretario, tra i pochi ad aver avuto spazio nei media, ha ricevuto 450 voti su 3.900 disponibili nel suo collegio. Raramente un segretario di partito non viene eletto o raccoglie un così basso consenso. Una punizione o un non riconoscimento per le parti prese? Chissà, i risultati però sono inconfutabili. Quando ci si candida in posizioni che non ti appartengono per ideali e per storia tralasci gli interessi collettivi per investire in quelli personali.
Chiaramente la nuova normativa elettorale ha fatto si che venissero premiate le coalizioni vincenti a discapito di quelle minori e della sovranità rappresentativa popolare. Ci ritroviamo inoltre un consiglio regionale poco rinnovato e rappresentativo, sia per la riconferma di molti ex, i quali si ritroveranno poi con una doppia carica politica e una pensione in più, e sia per la quasi totale assenza della società civile. Ma soprattutto, ciò che dispiace maggiormente è la risicata presenza femminile, solo quattro donne occuperanno i banchi del consiglio regionale alla faccia della parità di genere. Le donne sono invece un ottimo investimento e patrimonio nella politica sulle quali la sfera indipendentista deve credere ed insistere, ed in questo Sardigna Natzione fa accademia ed è senza alcun dubbio la prima indiscussa tra tutte.
SARDIGNA NATZIONE INDIPENDENTZIA
Ma veniamo alle questioni più importanti, che sono il motivo principale per il quale ci ritroviamo in questa assemblea.
E cioè quello di iniziare con maggiore determinazione, con nuova energia e convinzione la ripresa dei lavori da parte dei sostenitori di Sardigna Natzione. Come avete potuto constatare dalla puntata del 18 febbraio nel programma di Videolina “Dentro la notizia” , il centro sinistra, vincitore delle elezioni, non naviga di certo un inizio di legislatura in buone acque per la formazione del nuovo governo regionale. La sig. Barracciu si è lasciata prendere dallo sfogo personale preludendo tempi molto duri e incerti per il presidente Pigliaru e per il partito democratico. Questo è il segnale che è già tempo di affilare i coltelli e prepararsi per una nuova imminente campagna elettorale in vista della eventuale riapertura dei seggi. Sardigna Natzione, per i motivi che più volte Bustianu ha comunicato, non ha partecipato a queste ultime elezioni, e da buoni saggi dobbiamo saper approfittare di questa situazione rendendola subito positiva e produttiva traendone beneficio.
Primo punto è il simbolo di SNI, da troppo tempo non compare nelle scene elettorali, vuoi per svariati motivi nobili o meno, e io penso che questo simbolo non debba più essere offuscato o nascosto per lasciare spazio ad altri intendimenti, se non nei casi di estrema necessità. Occorre che questo venga fissato bene ed in maniera indelebile nella mente dei cittadini e dell’elettore sia per tutto ciò che i suoi attivisti hanno fatto fino ad oggi ma anche per quello che faranno d’ora innanzi. Radicare il proprio consenso e la propria identità è un aspetto molto importante e basilare, conoscere la propria dote politica è cosa giusta per avere maggiore peso nello scenario politico e maggiore potere e forza contrattuale. Il simbolo di SNI deve sempre essere rappresentativo nel panorama politico sardo, nonché motore trainante del percorso di autodeterminazione, della sovranità e dell’indipendenza della Sardegna. Deve continuare ad essere promotore delle istanze dei Sardi e della Sardegna tutta.
Avere una radicazione territoriale più marcata e una organizzazione periferica che gli permetta di raggiungere maggiori contatti possibili con la gente. Non solo per quanto riguarda l’aspetto politico ma anche civico, culturale, storico, identitario. Deve stare più vicino alle persone, ascoltare i loro problemi e interessarsene nell’immediato. Continuare a fare le sue battaglie in difesa dell’ambiente, della salute, dell’istruzione, della lingua madre, del lavoro, dell’economia, dei trasporti. Per fare tutto ciò occorre avere una struttura organizzativa impeccabile, precisa, perfetta, animata da quello spirito critico e libertario che ha sempre contraddistinto gli indipendentisti sostenitori di Sardigna Natzione. Deve curare con attenzione l’aspetto comunicativo tramite tutti i mezzi d’informazione disponibili e accessibili, dev’essere martellante con la sua presenza dalle problematiche di piccola entità a quelle in vasta scala, curare con fare diplomatico e decisionale i rapporti e gli aspetti nazionali ed internazionali, avere in seno a se il mondo degli emigrati sardi.
Per fare questo occorrono tante persone pronte a dedicarsi con impegno e capaci di coinvolgerne tante altre. Oggi tutto questo si può fare grazie anche alla tecnologia, a internet tramite il quale puoi creare una rete e un sistema di contatti, di comunicazioni e di interlocuzione soprattutto tra i giovani, i giovani sono un altro importante patrimonio su cui investire il presente ma soprattutto il futuro anche più prossimo. Pensate ad esempio al M5S, è riuscito a sensibilizzare e a mettere in contatto tra loro milioni di persone inducendole addirittura a votare candidati mai visti se non conosciuti virtualmente. Certe volte basta un pensiero, una intuizione, una intenzione personale affinché questa diventi patrimonio collettivo. Un altro aspetto molto importante, con lo scopo di fare presa sul cittadino, è la definizione reale del termine “Indipendenza” e del percorso da fare per il suo raggiungimento.
Non so a voi, ma a me capita spesso nel corso di un contatto, di leggere negli occhi dell’interlocutore una certa espressione di perplessità, incertezza quasi a sfociare in paura, ignoto, improbabilità e a volte utopia che è poi il termine che viene inizialmente utilizzato. Noi crediamo in questa riforma sostanziale dell’istituto sardo anche per domani in quanto conoscitori delle vere ed enormi potenzialità della nostra terra e dei suoi abitanti, ma nella maggior parte dei sardi, pur essendo favorevoli nel voler diventare indipendenti, vi è ancora molta titubanza e insicurezza di poterlo realizzare con le proprie braccia e le proprie intelligenze. In tal caso bisogna indicare loro un processo ben preciso, chiaro, concreto e meno impattante, anche attraverso un discorso di federalismo dissociativo transitorio. Credo che tutti siamo consapevoli che l’indipendenza si può raggiungere o tramite una rivoluzione bellica, sempre ripudiata, per poi dover iniziare dalle macerie, oppure questa netta e totale convinzione potrà avvenire solo con la conquista dell’amministrazione che dirige le sorti della Sardegna.
Ma quello che non ho mai capito sostanzialmente è perché se il CD e il CS si presentano alle elezioni con 18 liste, spesso eterogenee politicamente e passando di volta in volta da una parte all’altra, e alternandosi nella vittoria noi invece non possiamo o non riusciamo a farlo.
Eppure sembra abbastanza semplice e naturale, formare una coalizione di tutti i partiti indipendentisti e regionalisti che hanno in comune il principale pensiero di cacciare via i partiti tradizionali dal potere, responsabili principali dell’arretratezza economica sarda, e allargando il fronte d’intesa anche alle formazioni di piccoli movimenti, a quelli appartenenti alla società civile, di cooperazione, del mondo del lavoro, alle associazioni riconosciute ecc…, mentre il capo della coalizione potrà essere scelto con un sistema democratico di nomina o di elezione. Altra questione di fondamentale importanza per il convincimento e coinvolgimento del popolo sardo è quella di avere un valido, credibile e spendibile piano di governo della Sardegna fin dal primo giorno di legislatura, non il solito banale e poco consultato programma elettorale che tuti i partiti presentano per obbligo di legge con le cose fatte e da fare dal sapore di salsa demagogica, ma un piano di governo dettagliato nei minimi particolari che regoli realmente e disciplini con fattibilità il processo di miglioramento dello stato attuale della Sardegna dal punto di vista amministrativo, economico e occupazionale in tempi brevissimi, in sintesi una riforma strutturale e radicale, ove necessita, dello status sardo partendo dalla sostanziale modifica in ambito federale della Statuto Speciale, con o senza la futura certezza dell’approvazione costituzionale da parte dello Stato Italiano.
D’altronde noi non siamo chiamati a governare una regione ma un futuro Stato indipendente. Chiamatela pure disobbedienza istituzionale o, tanto per fare sarcasmo, colpo di Stato bianco ma a questo punto qualche responsabilità e rischio in più occorre prenderselo.
Di certo non possiamo farci rappresentare da chi oggi siede nei banchi del consiglio regionale affianco a coloro che sono sempre stati screditati e colpevolizzati della disastrosa situazione economica e sociale della Sardegna, non è plausibile poter parlare la stessa lingua con chi ha rinnegato il passato, con chi in quest’ultimo mese ha calcato strade diverse dalle nostre facendo battaglie contrapposte e avendo la presunzione di poter discutere ancora dei problemi della galassia indipendentista e del completamento della sua formazione.
Ma questo lo sapete meglio di me, mentre io la storia dell’indipendentismo l’ho studiata e continuo a farlo, molti di voi l’hanno vissuta sulla propria pelle e spesso proprio con quei personaggi che ora hanno tradito il “credo indipendentista” e voi stessi,….. il tutto per una pagnotta succulenta che forse non durerà cinque anni. Spero che i cavalli di ritorno non vengano accettati.
Termino il mio intervento rivolgendomi a Bustianu, che in questi ultimi giorni leggo volentieri su Fb e la cosa mi fa alquanto piacere e soddisfazione, voglio dirti che sono perfettamente d’accordo con il fare sistema ma basta con le lunghe attese di laboratorio, assemblee di improbabili accordi o incontri fatti al lume di candela in stanze senza eco e senza luce, ognuno deve prendersi le proprie responsabilità di persona matura e coerente.” Apriamo il discorso, convochiamo insieme una grande assemblea della nazione” hai scritto, va bene tutto e condivido tutto, ma basta con i sacrifici e i passi indietro in quanto fino adesso l’unica a rimetterci è sempre e solo stata Sardigna Natzione.
Tutti i simboli possono stare in un unico simbolo condiviso nel rispetto della propria identità, storia ed esistenza e da qui si deve ripartire. I tempi devono essere certi e brevi con scadenze improrogabili, altrimenti si fa altro senza aspettare che i termini scadano e i tempi diventino assassini. Pragmatismo, pratica e concretezza rispetto a teoria, schemi astratti e gassosa, devono essere i punti fermi nella realizzazione di qualsiasi progetto condiviso che si vuole portare avanti all’interno della galassia indipendentista, intanto il tempo vola e noi stiamo invecchiando. Un’altra cosa e chiudo.
Fb se usato in modo appropriato e costruttivo può essere d’aiuto alla causa indipendentista, questo social network ti aiuta a conoscere meglio le persone nel loro aspetto più interiore, infatti in questo ultimo mese abbiamo potuto conoscere in maniera più approfondita certi personaggi che credono di militare nelle fila indipendentiste con verità e saggezza prerogativa solo nelle loro intelligenze, poi si rivelano persone che creando confusione screditano il lavoro fatto in questi trent’anni e mettono in primo piano le discussioni sotto forma di litigio trasformandole in “non coesione” degli indipendentisti.
Anche in questo modo si perde consenso e credibilità. Bene, se si vuole veramente diventare forza di governo e ricevere il legittimo mandato dai sardi. Sa genti macca a foras…